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“Se muoio, voglio una morte che il mondo senta”, aveva scritto l’anno scorso su Instagram Fatima Hassouna, la giovane fotogiornalista palestinese uccisa insieme alla famiglia dai bombardamenti israeliani nella sua abitazione a Gaza City. Fino a quel momento, aveva denunciato incessantemente le atrocità della guerra convogliando parte del suo lavoro nel documentario dell’autrice iraniana Sepideh Farsi di cui è protagonista e che sarà presentato a Cannes a maggio. “Put your soul on your hand and walk è stata la mia risposta, come regista, al massacro in corso dei palestinesi. Il mio modo personale per non perdere la ragione”, ha dichiarato Farsi. “Un miracolo è accaduto quando ho incontrato Fatem tramite un'amica palestinese. Da allora, è diventata i miei occhi a Gaza, mentre sopravviveva sotto le bombe e documentava la guerra. E io sono diventata il suo collegamento con il mondo esterno, dalla sua prigione di Gaza, come dice lei. Abbiamo mantenuto viva questa linea […] per più di 200 giorni. I frammenti di pixel e i suoni che ci siamo scambiate costituiscono il film che vedete. L'assassinio di Fatem, il 16 aprile 2025, a seguito di un attacco israeliano alla sua casa, ne ha cambiato per sempre il significato”. Le due donne, che per quasi un anno hanno mantenuto una fitta corrispondenza per raccontare lo sterminio del popolo gazawi, avevano finalmente raggiunto il loro sogno: portare sul grande schermo la tragedia di una terra martoriata dal conflitto. L’assassinio di Fatima, avvenuto nello stesso giorno in cui le era stata comunicata la selezione da parte della giuria del Festival, è un’ulteriore conferma della feroce strategia del governo di Netanyahu: mettere a tacere tutti i testimoni dei crimini commessi dal suo esercito eliminandoli fisicamente.
Dal 7 ottobre 2023, infatti, Israele vieta alla stampa straniera di entrare nella Striscia dove, secondo uno studio della Brown University, in 18 mesi sono stati uccisi almeno 232 giornalisti: più del totale di quelli morti nella guerra civile americana, nelle due guerre mondiali, nella guerra di Corea, nella guerra del Vietnam, nelle guerre nella ex Jugoslavia e nel conflitto scoppiato in Afghanistan dopo l’11 settembre 2001. Un vero e proprio “cimitero dell’informazione”, come si legge nel documento.
Il Commitee to protect journalists ha, inoltre, dichiarato l’esercito israeliano responsabile della morte del 70 per cento dei professionisti dell’informazione complessivamente uccisi nel 2024, e della detenzione di almeno 84 reporter, attualmente in carcere senza una formale accusa.
“Non c’è alcun dubbio che quanto accade oggi a Gaza non è più, e ormai da molto tempo, la risposta ai crimini commessi da Hamas il 7 ottobre, è un genocidio”, ha precisato Farsi in un comunicato pubblicato pochi giorni fa sul sito di Acid, la sezione parallela del Festival di Cannes. “Io accuso coloro che lo commettono e i loro complici e chiedo giustizia per Fatem e per tutti i palestinesi innocenti che sono stati uccisi”.
Per questo la sua morte non deve passare sotto silenzio ma deve essere “rumorosa” e “sentita”, proprio come aveva chiesto lei.